Parole soltanto parole, parole tra noi

“The truth is not always beautiful, nor beautiful words the truth.”

“La verità non è sempre piacevole; le belle parole non sono verità.”

(Lao Tzu)

Alzi la mano chi ha chiamato un Contact Center almeno una volta nella propria vita: tutti.

Siamo tutti grandi fruitori di questi servizi, scegliendo il canale che più si addice a noi e al momento: chi preferisce la tradizionale telefonata, chi opta per una chat, chi sfrutta direttamente i social.

Una cosa però ci accumuna: “attendare prego…” che si declina in frasi come “attenda in linea per non perdere la priorità acquisita” piuttosto che “un nostro operatore sarà a breve a sua disposizione”. E intanto si attende e il “breve” diventa, o si percepisce, come lungo e come una presa in giro.

Non siamo più nell’età della pietra e non siamo venuti giù dal monte con la piena: dimmi di che morte devo morire, dimmi quanto potrei dover aspettare o che posizione ho in coda. Lo fanno in banca, in posta e anche dal salumiere, perché non al telefono o in una live chat?!

Un messaggio generico e consolatorio poteva andare bene qualche anno fa in cui il cliente / consumatore era ancora alle prime armi con i famigerati Customer Care. Oggi no, il cliente è cresciuto e “sa”, quindi non può più essere ingannato.

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Da poco ho letto un simpatico articolo (9 Customer Service Phrases That Should Be Retired Immediately) sulle 9 frasi da abolire nei Contact Center perché ormai vengono dette e sentite in un modo, ma interpretate in un altro. Nel loro significato nascosto e reale:

  • “A causa di un volume di chiamate insolitamente elevato...” ormai viene letto “Non siamo disposti ad assumere più persone”
  • "La tua chiamata è importante per noi" nasconde qualcosa del tipo "Sei un fastidio costoso per noi."
  • Puoi trovare supporto più rapidamente sul nostro sito web." Potrebbe venire interpretato in: "Per favore, vattene prima che dobbiamo pagare qualcuno per aiutarti. Fai da solo e non rompere"
  • “La metto un attimo in attesa” spalanca il baratro verso la consapevolezza che o la chiamata verrà riagganciata “per sbaglio” o l’operatore con cui sto parlando è poco formato sull’argomento, ahimè

Le best practice di comunicazione e le frasi-mantra che vengono scolpite nelle menti degli agenti di contact center devono adeguarsi alla consapevolezza dell’utilizzatore finale, che preferisce sapere la realtà piuttosto che essere abbindolato.

Questo non significa che bisogna parlare al cliente come se si parlasse ad un amico, ma occorre rivedere lo stile di comunicazione nell’ottica di un utente più scaltro, più cosciente del servizio che vuole e quello che viene offerto.

Da utente preferirei …

  • sapere la mia posizione in coda anziché continuare a sentire che prima o poi mi risponderà qualcuno, ma senza poter quantificare quel “prima o poi”
  • quando scrivo una chat da un sito internet, vedere un semaforo che mi indichi se la risposta sarà immediata o se mi devo aspettare un tempo di attesa, così da decidere, eventualmente, di utilizzare canali alternativi
  • se l’operatore che mi ha risposto non fosse esperto vorrei essere richiamato anziché sentire una musica di attesa o rumori di sottofondo finché la situazione non si sblocca o, peggio, essere rimesso nella coda di un “anziano”
  • se la data informazione la potessi vedere sul sito, sono disposto a fare da me, ma anziché dovermi ricordare a memoria le informazioni che mi ha dato l’IVR o l’operatore gradirei che mi venisse mandato un SMS o un whatsappino con il link diretto, anche perché spesso i siti internet risultano labirintici come i risponditori automatici

Occorre far sentire davvero importante il cliente, non solo con “Grazie per il tempo che mi ha dedicato” ma con piccoli gesti che lo facciano sentire coccolato e con i quali traspare che il tempo di valore non è solo quello dell’azienda, ma anche del cliente.

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GG

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