Omnicanalità: da “consapevoli” a “vincenti”

Ancora omnicanalità? Sì perché, oltre ad essere un tema molto attuale, adottare una strategia omnicanale permette di ottenere non pochi benefici. Ma le aziende italiane sono consapevoli di ciò?

Pensiamo all’ottimizzazione dei processi, alla conseguente riduzione dei costi e delle inefficienze, al miglioramento dell’esperienza vissuta dal consumatore, alla sua soddisfazione e fedeltà nei confronti della nostra azienda. Questi sono tutti esempi di benefici ottenuti grazie ad una strategia omnicanale.

Analizziamo il contesto in cui ci troviamo: una crisi economica ha caratterizzato gli ultimi anni, modificando le scelte d’acquisto dei consumatori; a loro volta, anche gli investimenti da parte delle aziende ne sono risultati influenzati.

Ancora di più quindi, in un tale scenario, focalizzarsi sull’omnicanalità è senza dubbio una strategia vincente.

Esattamente, però, cosa intendiamo?

Per omnicanalità si intende tutto ciò che concerne l’azienda a 360°, non solo a livello di tecnologia, ma di tutti i suoi processi: dalla creazione di un piano strategico, azioni e misurazione dei risultati, gestione e analisi dei dati, creazione di un dialogo personalizzato con il cliente e di un’esperienza di acquisto integrata e memorabile… ma si intende anche e, soprattutto, un cambiamento di mentalità, sponsorizzato in primis da parte del vertice aziendale.

Le aziende italiane sono effettivamente orientate ad un cambiamento del genere?

La risposta ce l’ha fornita l’Osservatorio del Politecnico di Milano che, nei mesi di settembre ed ottobre 2022, ha effettuato uno studio per comprendere il grado di maturità delle aziende italiane sul tema omnicanalità, e quanto si stiano realmente approcciando ad implementare una strategia di questo tipo.

La ricerca si è basata su un campione di 150 aziende grandi e medio- grandi, appartenenti ai principali settori ed ambiti di riferimento; sono state analizzate tutte le aree aziendali, riassumibili in queste tre macrocategorie:

Lomnicanalità da consapevoli a Vincenti 1

  • “strategia e organizzazione”: ovvero la definizione di un piano strategico basato sull’omnicanalità (azioni e misurazione dei risultati)
  • “dati e tecnologia”: si intende la creazione di una data strategy e adozione di opportune tecnologie per valorizzare le informazioni sul cliente
  • “execution”: ovvero la progettazione e realizzazione di processi che permettano di creare un dialogo personalizzato ed un’esperienza di acquisto ed assistenza integrata e memorabile per il cliente.

In base al posizionamento delle organizzazioni rispetto a questi 3 elementi, l’Osservatorio ha calcolato l’Omnichannel Customer Experience Index (OCX Index).

Ciò che è emerso dallo studio si evince dalla cluster analysis raffigurata nell’immagine sotto, sviluppata evidenziando 5 cluster (ai primi passi, consapevoli, intraprendenti, strutturati ed avanzati) e applicando ad ognuno di essi un punteggio in relazione allo sviluppo che ha nei 3 ambiti di cui parlavamo sopra (quindi strategia e organizzazione, dati e tecnologia ed execution), considerando appunto un’ottica omnicanale.

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La maggior parte delle aziende italiane del campione, ben il 39%, è risultato appartenere al 2° cluster “Consapevoli”, con un Omnichannel Customer Experience Index medio del 4,5%.

Cosa vuol dire nello specifico?

  • Strategia e Organizzazione: come dicevamo prima qualsiasi trasformazione aziendale, per essere davvero pervasiva e di successo, deve essere promossa dal vertice, che deve essere il primo sponsor e parte attiva del processo di trasformazione culturale: le aziende di questo cluster hanno un discreto commitment del vertice aziendale e hanno iniziato la trasformazione dell’azienda, approcciandosi ad una mentalità di tipo customer-centric.
  • Dati e Tecnologia: le “Consapevoli” hanno iniziato a raccogliere dati complessi, ad adottare appositi tool per l’analisi, e specifiche figure di Data Analyst a supporto dell'analisi dei dati relativi ai clienti.
  • Execution: sono aziende che si sono attivate soprattutto in ambito Marketing & Comunicazione, iniziando a svolgere analisi per la profilazione della customer base, dotandosi di tecnologie di Marketing Automation da utilizzare in fase di delivery per creare delle iniziative cross-channel, e stanno progettando la creazione di una Knowledge Base a supporto del Customer Care.

Si tratta quindi di realtà che hanno messo le basi per poter attivare, in futuro, progettualità più complesse delle quali ora sono però carenti.

Dallo studio è emerso, inoltre, che la distribuzione delle aziende nei diversi cluster cambia molto in base ai settori merceologici di appartenenza: le aziende che forniscono beni e servizi industriali, ad esempio, sono quasi interamente concentrate nei primi due cluster; quelle del settore farmaceutico e medicale, invece, sono particolarmente rappresentate tra le Consapevoli, dove si colloca l’80% di esse. Infine, i settori con l’incidenza più alta di imprese mature risultano essere Telco e Utility (il 44%, delle aziende di questo ambito incluse nel campione, si colloca nei due cluster più maturi), Retail (37%) e Finance (33%).

In generale, ciò che emerge chiaramente da questa cluster analysis è che, anche se la maggior parte delle aziende ha iniziato a comprenderne l’importanza, solo un numero esiguo di realtà ha portato a termine un percorso strutturato verso l’omnicanalità.

Portare valore misurando il cliente

Nel corso della trasformazione dell’azienda in ottica omnicanale, l’obiettivo è creare integrazione tra tutte le diverse funzioni aziendali, partendo proprio dal Servizio Assistenza che, adesso più che mai, è diventato il punto di contatto diretto tra l’azienda e i clienti. Il contact center dovrebbe, quindi, passare dall’essere un mero centro di costo a diventare un vero e proprio centro di valore, dando un chiaro valore aggiunto ai diversi processi aziendali, come sales, marketing, finance…
Come è possibile, però, portare valore dal contact center al resto dell’azienda?
Lo si può fare misurando e conoscendo realmente il cliente con i vari strumenti che abbiamo a disposizione e, grazie a ciò, comprendendo anche come vengono percepiti i prodotti e i servizi che offriamo.

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Quindi, la seconda domanda che ci siamo posti, è stata:

le aziende italiane riescono realmente a misurare la soddisfazione dei loro clienti?

Sappiamo che attualmente le aziende utilizzano alcuni KPI per misurare la Customer Satisfaction, i cosiddetti Indicatori chiave di performance, come ad esempio il famoso NPS … ma ce ne sono anche molti altri, talvolta meno noti, scelti in base a cosa l’azienda vuole misurare esattamente e se lo vuole misurare nel breve o lungo termine.

Per esempio, se volessimo misurare la lealtà del cliente o le sue intenzioni nei confronti del brand nel lungo termine, oltre al NPS potremmo utilizzare il Customer Loyalty Index (CLI); per valutare, invece, la semplicità con cui il cliente è riuscito a risolvere il suo problema e la sua soddisfazione in merito, e quindi in riferimento alla singola interazione, potremmo utilizzare il CES (Customer Effort Score) o il CSAT (Customer Satisfaction Score).

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In ogni caso, questi indicatori hanno però dei limiti:

  • Lungo termine: se misuriamo, in generale, la soddisfazione dei clienti nel tempo, non avremo però la specifica del perché la performance è risultata positiva o no. Per esempio, con l’NPS possiamo chiedere al cliente se raccomanderebbe la nostra azienda ad un amico/ parente, e lui può rispondere con uno score da 1 a 10 che indica, dal più basso al più alto, che tipologia di cliente è, ovvero un detrattore o un promotore, permettendoci di comprendere quale target di cliente ha risposto; al contrario, però, sia in caso di risposta positiva sia in caso di negativa, non sapremo mai nello specifico perché il cliente consiglia o sconsiglia il nostro brand! Per altro poi incappando nell’approccio con mentalità italiana che tende e ritenere buono anche un voto di 7 o 8, mentre per l’NPS solo i valori 9 e 10 sono valori ritenuti positivi!
  • Attendibilità: si deve sempre considerare che il feedback che ci viene fornito potrebbe non essere oggettivo ma, come spesso accade anche a noi, il cliente filtra la risposta in base a come si sente in quel momento; potrebbe accadere che, sottoponendo la stessa domanda in un differente momento, otterremmo infatti una risposta diversa, oppure, semplicemente, che per varie motivazioni non esprimano realmente ciò che pensano (come spesso accade, si dice una cosa, ma poi magari se ne fa un’altra!). È ben diverso misurare le intenzioni dei clienti o il loro reale comportamento!
  • Breve termine: focalizzandoci solo sulla singola interazione oppure volendo misurare la soddisfazione del cliente su uno specifico touchpoint, è possibile porre domande mirate del tipo “Quanto ti senti soddisfatto della tua esperienza di oggi?”. In questo modo capiremo sì nello specifico qual è la valutazione su quel singolo tema, ma riusciremo ad esempio a capire quale tipologia di cliente ha riscontrato quel problema? La risposta è no, in questo caso non avremo alcuna segmentazione della clientela.

La soluzione quale potrebbe essere quindi?

Certo, potremmo “sommergere” i nostri clienti di mille questionari differenti ogni volta che entrano in contatto con la nostra azienda e, sperando che rispondano (perché potrebbero pure decidere di astenersi), sperare che lo facciano in maniera onesta!

Oppure, in alternativa, potremmo arrivare alla fonte e captare direttamente ciò che il cliente dice, recependo davvero il suo pensiero e cosa vuole realmente, ad esempio cogliendo le sue parole spontanee con opportuni tool di Voice of the Customer… e potremmo anche valutare di misurare, realmente, il valore delle azioni che mettiamo in atto ogni giorno, per essere certi che il risultato che otteniamo è davvero quello che ci aspettiamo di ricevere, perché … chi può dire di essere davvero certo di misurare realmente l’output delle proprie attività?

Ciò che è sicuro, è l’importanza di dotarsi di nuovi tool di analisi che, affiancandosi agli attuali, non sostituendoli, permetterebbero di misurare davvero le attività svolte ed estrapolare i corretti dati che ci servono per capire in cosa stiamo andando bene, migliorare i nostri punti deboli e prevedere le esigenze dei clienti… ma il bello è che, anche se spesso non lo consideriamo, queste informazioni le abbiamo già sotto gli occhi e si tratta di dati costantemente aggiornati… la cosa difficile è solo capire cosa vogliamo ottenere davvero da loro!

E voi, cosa ne pensate?

#daivalorealtempo

MC

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